martedì 29 dicembre 2009

Sformatini di Polenta e funghi e Gratin di funghi in conchiglia








CON QUESTA RICETTA PARTECIPO ALLA RACCOLTA DEL

BLOG: "http://timoemaggiorana.blogspot.com


Ingredienti:

- 500 gr. di Funghi misti freschi o surgelati

- Polenta gialla

- 2 spicchi d'aglio

- prezzemolo q.b.

- pangrattato

- parmigiano

- conchiglie vuote

- Olio EVO


Per n.3 sformatini:

Preparate la polenta come vostra abitudine (se ne fate molta la rimanente utilizzatela come contorno ad un piatto di carne in umido).
Pulite i funghi e metteteli in un tegame con Olio EVO (un paio di cucchiai) ed i due spicchi d'aglio.
Cuocete qualche minuto, salate amalgamate, a fine cottura aggiungete il prezzemolo tritato, mescolate ancora un minuto e spegnete il fuoco.
Metà dose verrà utilizzata per gli sformatini la rimanente per le conchiglie.
Imburrate ed infarinate degli stampini in coccio o alluminio e fate un primo strato di polenta, poi uno strato di funghi trifolati ed infine chiudete con un altro strato di polenta.
Infornate a 200° ventilato per 20 minuti circa (dipende dal vs forno).
Serviteli caldi capovolti nel piatto da soli come antipasto o come contorno di carne in umido o arrosti.

Per n.5 conchiglie:

- Pulire le conchiglie ed asciugarle mezz'ora prima della preparazione.

- Versarvi un cucchiaio circa di funghi per conchiglia.

- In una ciotola mescolare: 3 cucchiai di parmigiano e 4 di pangrattato 1 cucchiaio di olio ed un po' di prezzemolo, amalgamare bene il composto se necessario aggiungere 1 cucchiaio di acqua per renderlo più omogeneo.

- Disporre la farcia per la gratinatura sopra le conchiglie contenenti i funghi trifolati fino a coprirli. Irrorarli con poco Olio EVO.

- Infornare a 200° ventilato per circa 25 minuti o cmq finchè le conchiglie non vi risultano gratinate.

- Servire caldi come antipasto.

domenica 27 dicembre 2009

"ROTOLO DI PANBISCOTTO CON CREMA DI PISTACCHI"






Ingredienti:

- 3 uova
- 120 grammi di zucchero
- 60 grammi di farina
- 60 grammi di fecola
- 1 bustina di vaniglina
- 1 cucchiaino e 1/2 di lievito
- 1 pizzico di sale
- 3 cucchiai d'acqua calda

Per la bagna:

- Gr. 25 maraschino
- Gr. 100 acqua
- N. 3 cucchiai di zucchero a velo (o zefiro)

Farcia:

- crema di pistacchi di Bronte (acquistata)

Copertura:

- Gr. 100 di ricotta
- N. 3-4 cucchiaini di crema di pistacchi
- N. 3-4 cucchiaini di zucchero a velo

Procedimento:

- Separare gli albumi dai tuorli.
- Sbattere per bene quest'ultimi con 1 cucchiaio e mezzo d'acqua bollente(piccolo trucco che aiuta i tuorli a montarsi), finché diventano spumosi.
- Poi, aggiungere lo zucchero, continuando a mescolare in modo che il composto sia omogeneo.
- In una ciotola a parte pesare ed inserire: farina, fecola, lievito e vanillina setacciati due volte insieme, e mescolare dal basso verso l'alto.
- In un'altra terrina montare a neve ferma gli albumi con in pizzico di sale.
- Incorporare gli albumi all'altro composto, mescolando dal basso verso l'alto delicatamente affinchè non si smontino.
- Versare il composto in una teglia quadrata rivestita di carta da forno, livellando la superficie con una spatola.
- Cuocere in forno preriscaldato a 200° per 15 minuti.
- Intanto, inumidire un panno pulito con acqua calda e cospargerlo di zucchero.
Una volta tolto il rotolo dal forno, rovesciarlo sul panno e arrotolare entrambi formando il rotolo (bisogna fargli prendere subito la forma di rotolo, perché se lo si fa dopo potrebbe rompersi).
- Lasciare raffreddare in frigorifero per circa mezz'ora, poi estrarlo e riaprirlo, inumidire con la bagna e con una spatola spalmare la crema di pistacchi (meglio se la amalgamate a qualche cucchiaio di ricotta o mascarpone per rendere il composto più morbido e spalmabile).
- Arrotolare nuovamente con l'aiuto dello strofinaccio ben stretto e riporlo nuovamente in frigorifero per mezz'ora ancora o fino a quando si intende decorarlo (anche il giorno seguente).
- Estrarre dal frigorifero e ricoprire con la farcia di ricotta-crema pistacchi(o altro di vostro gusto).
- Decorare a piacere e servire con zucchero a velo, o ciuffetti di panna montata.

venerdì 25 dicembre 2009

EVVIVA E' NATALE - AUGURI A TUTTI !!!

CHE SIA UN GIORNO DI PACE, CHE TRASCORRA LENTO FRA SORRISI COMPLICI E DOLCI RISATE.




martedì 22 dicembre 2009

Sovraccosce di pollo con pomodorini pachino e patate




Ieri sera ho imbastito questo piatto, che ci ha fatto leccare i baffi, accompagnato da un buon "Barbera Duchessa Lia"

Ingredienti:

-12 pomodorini pachino
- 6 sovraccosce di pollo
- 1 cipolla dorata media
- 5 patate a tocchetti
- sale e pepe q.b.
- olio E.V.O.


Procedimento:

- Mettere le sovraccosce in un tegame con un cucchiaio di olio evo e fare rosolare bene, quindi aggiungere la cipolla tagliata in 8/10 spicchi e salare.
- Lavare e tagliare le patate a tocchetti e i pomodorini pachino a metà.
- Versare le patate nel tegame e mescolare bene, cuocere qualche minuto ed infine aggiungere i pomodorini, salare nuovamente ed assaggiare, dare una spolverata di pepe.
- Aggiungere poca acqua o brodo se dovesse asciugarsi.
- Cottura complessiva circa un'ora.
- A fine cottura spolverare con poca farina attraverso un colino per addensare bene il sughetto (se già della densità voluta saltare questo passaggio).

lunedì 21 dicembre 2009

PREMIO

Ringrazio tantissimo Rossella del Blog "L'Angolo delle Bontà" per questo premio
"Nenhum olhar è mais puro do que una criança"

Il premio è opera del forum: http://li-katuki.blogspot.com/



E' il primo premio che ricevo, sono molto emozionata e lo ritengo uno speciale dono natalizio che mi affretto a girare ad altre 10 amiche che dovranno seguire lo stesso iter per ritirarlo:

Per ritirarlo si devono rispettare le seguenti regole:

1 - Postare la frase "Nenhum olhar è mais puro do que una criança"
2 - Postare il premio
3 - Far riferimento al forum "Arte da Li" http//li-katuki.blogspot.com
4 - Lasciare un commento rivolto a chi ti ha lasciato il premio
5 - Passare il premio a 10 amiche ed avvisarle

Elenco amiche a cui dono il premio:

- 1)Federica(http://federicaincucina.blogspot.com)
- 2)Cris (http://cris-oggicucinoio.blogspot.com)
- 3)Betty (http://lacasadibetty.blogspot.com)
- 4)Federica(http://notedicioccolato.blogspot.com)
- 5)Luana (http://chezlul.blogspot.com)
- 6)Sciopina(http://cuocavvenente.blogspot.com)
- 7)Anna (http://annasoloanna.blogspot.com)
- 8)Stefania(http://buonieveloci.blogspot.com)
- 9)Germana (http://laterradeiviolini-germana.blogspot.com)
-10)Daniela (http://danieladiocleziano.blogspot.com)

domenica 20 dicembre 2009

TORTA CAPRESE CON NOCCIOLE







La ricetta è di Elisabetta Cuomo, vi ho apportato qualche modifica.


Ingredienti:


- 250 gr. nocciole tostate (fatta con 150 gr.)

- 150 gr. burro ottima qualità

- 150 gr. zucchero semolato

- 100 gr. cioccolato fondente al 70%

- 40 gr. di farina 00 (opzionali - ieri li ho inseriti)

- 4 uova

- 1 cucchiaino di lievito per dolci in polvere o cremor tartaro

- 1 cucchiaino di cacao in polvere (oppure aggiungere altri 20 gr. di cioccolato fondente alla quantità sopra elencata)


Procedimento:


- Levare il burro dal frigo per una ventina di minuti per ammorbidirlo.

- Fondere il cioccolato fondente a bagnomaria e lasciarlo intiepidire.

- Tostare le nocciole nel forno per 3-5 minuti a 180° raffreddarle e tritarle con 4 cucchiai di zucchero della dose elencata.

- Ridurre a spuma il burro con la metà dello zucchero rimasto.

- Montare le 4 uova con l'altra metà dello zucchero avanzato dalle precendenti preparazioni.

- Amalgamare in una ciotola: farina 00 + cacao in polvere(se non avete aggiunto il cioccolato fondente in più) + lievito.

- Aggiungere al burro a pomata il cioccolato fondente, le nocciole tritate e la miscela di farina, lievito, cacao in polvere, mescolare ed aggiungere le uova montate a spuma, con movimenti dall'alto al basso.

- Versare in una teglia unta ed infarinata o coperta da carta forno bagnata e strizzata del diametro di cm.24 infornare a 180° per circa 40-45 minuti.

- Servire spolverizzata di zucchero a velo e vicino alla fetta ciuffetti di panna montata o crema pasticcera, secondo il vostro gusto.

venerdì 18 dicembre 2009

Biglietti Natalizi Decoupage








Ho preparato in questi giorni i biglietti per gli auguri di Natale, quest'anno ho utilizzato la tecnica del decoupage + alcuni steacker.
A chi sono stati spediti???
Questa è una sorpresa ... chissà se li gradiranno???

Procedimento:

- cartoncini colorati la base bianca è la migliore
- ritagli decoupage di fazzoletti o carta riso o altro.
- colla con brillantini
- steacker natalizi
- pennarello oro e argento
- cartonicino argento o oro

Ritagliare o strappare i vostri ritagli dalla base del tovagliolo o foglione di carta.
Incollarli con colla brillantosa sul cartoncino ritagliato o acquistato già pronto nelle cartolerie specializzate, volendo potete applicarlo su una base argento o oro di dimensione inferiore al cartoncino acquistato.
Scrivere gli auguri con pennarello oro o argento ed applicare gli steacker.

giovedì 17 dicembre 2009

Briochine Arrangiate




Per questa ricetta sono partita dalla ricetta della "Moroni" (brioche senza zucchero e uova) poi non avendo lo yogurt e volendo cmq un po' dolcificarli ho elaborato questo:

- gr. 250 di Farina 00

- gr. 125 di burro freddo

- gr. 150 di formaggio spalmabile (non avevo lo yogurt)

- gr. 70 di zucchero a velo

- 1/2 bustina di lievito

- 1 pizzico di sale


Procedimento:

- Ho mescolato insieme burro + formaggio + zucchero a velo ed il pizzico di sale, sino ad ottenere un composto cremoso, a cui ho aggiunto la miscela di farina+lievito (mescolati e setacciati a parte).
- Amalgamare bene il composto che diventerà una palla tipo pasta frolla, farla riposare in frigo 20 minuti e poi su una spianatoia leggermente infarinata o su carta forno.
- Ricavare 8 spicchi che ho farcito in parte con marmellata di pesche ed altri con crema di ciocco/nocciole.
- Infornare a 180° fino a doratura.
(I miei avevano bisogno di cuocere ancora qualche minuto.)
- Cospargere con zucchero a velo prima di servire.

martedì 8 dicembre 2009

POLENTA CON GORGONZOLA E NOCI



Ingredienti per una persona:

- 250 ml. di acqua
- 1/2 cucchiaino di sale fino
- 60 gr. di farina gialla per polenta precotta
- 1 fetta di gorgonzola con le noci

Procedimento:

- In un tegame antiaderente, versare l'acqua fredda e mettere sul fornello a fuoco leggero, versarvi il mezzo cucchiaino di sale fino e mescolare.
- Versare subito tutta la farina in un solo colpo e girare velocemente finchè amalgamato.
- A metà cottura (i tempi sono indicati sulla confezione) aggiungere il gorgonzola a tocchetti.
- Versare nel piatto e servire fumante.

Risotto con mele granny e philadelphia



Ingredienti per tre persone:

- 250 gr. Riso Carnaroli

- 3 mele verdi Granny

- 2 noci di burro

- 1 cucchiaio di olio

- 1/2 cipolla dorata

- 1 bicchierino di brandy

- 1 confezione piccola di philadelphia

- 1/2 litro circa di brodo vegetale

Procedimento:

- In una casseruola mettere l'olio e la cipolla a fette sottili, farla dorare e versarvi il riso, mescolare tostare il riso.
- Aggiungere il brodo e rimestare bene.
- Tagliare le mele a tocchetti e preparare due tre fettine di mela per la presentazione del piatto.
- Aggiungere i tocchetti di mela e sfumare con il brandy, mescolando continuamente.
- Aggiungere il brodo q.b. per non far attaccare il risotto durante la cottura.
- Estrarre qualche tocchetto di mela parzialmente cotta nel riso e frullarlo per poi aggiungerlo al risotto.
- A cottura quasi completa, aggiungere il philadelphia e se necessario il burro per mantecare meglio.
- Versare nei piatti e guarnire con due tre fettine di mela.

martedì 1 dicembre 2009

"IL GATTO DEL SOLDATO"



Un nostra caro amico, che ha già pubblicato alcuni libri, ha scritto questo racconto mosso da una curiosità, che è descritta prima del racconto in oggetto; se vi piace, fatela girare tra i vs amici, ciao grazie Ornella.

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Cara amica / caro amico,
ti invio questa email per proporti un esperimento letterario - a sfondo umanitario.
Mi piacerebbe verificare fino a che punto un personaggio e una storia, una volta usciti dalla penna del loro autore, vivano di vita propria.
Ti invito pertanto, come "miagola" il gatto del soldato, a far circolare in rete il mio racconto allegato che, come vedi, è in forma anonima, libero di vivere una sua vita.
Puoi anche collocarlo dove meglio credi, su FaceBook, su MySpace, su qualche blog o qualche forum, commentandolo come preferisci. Ma, se ti va, puoi utilizzare anche la sola immagine del gatto qui allegata, con il suo nome in calce: il gatto del soldato.
L'importante è che il gatto disegnato si moltiplichi sul web con il suo messaggio di pace, così come accade nella sua stessa storia.
Un caro saluto.

ROMANO A. FIOCCHI




"IL GATTO DEL SOLDATO"



CI FU UN TEMPO in cui la terra dove sono nato si chiamava Persia. Ma io non appartengo alla razza persiana né a nessun’altra razza. Non sono un meticcio e, al contrario di tutti gli altri gatti del mondo, non ho neppure un nome. Meglio così, piuttosto che quei nomi idioti del tipo: Fuffi, Pallino o Ginger. Per il mio piccolo amico, Mustafà, ero semplicemente "il gatto del soldato".

Io e Mustafà ci eravamo conosciuti a scuola. Suo padre lo accompagnava ogni giorno tenendolo per mano sino al cancello. Il padre di Mustafà, lungo e magro, portava sempre una giacca scura con le maniche troppo corte. Mustafà era minuto, di pelle olivastra, le manine gesticolanti, un tipetto tutto nervi e calzoncini corti. Entrava in classe con gli occhi neri che brillavano. Lì trovava i suoi compagni. I suoi prediletti erano Sultan, Mohammed, Kadim, Ismaeel, Alì. Quel giorno la maestra Shajida stava raccontando una storia straordinaria. L’ovale del suo volto da ragazzina era incorniciato dallo hijab. Nel silenzio dell’aula echeggiava la musica ininterrotta della sua voce. Tutti ascoltavano come se fosse la preghiera del venerdì.

Era la prima volta che Mustafà sentiva parlare a quel modo della sua città. Non aveva mai pensato che potesse essere diversa da come l’aveva sempre vista. Tutti quei popoli che l’avevano abitata – Sumeri Accadi Amorrei Assiri Persiani – ebbene, l’avevano anche amata. La maestra Shajida evocava un sacco di cose meravigliose: Babilonia, i giardini pensili, il codice di Hammurabi, i califfi abbàsidi, le mille e una notte, Madit el Salama – l’antico nome di Baghdad, che significa la Città-della-pace. Mustafà ascoltava e fantasticava. La maestra Shajida raccontava di un genio della lampada magica che a bordo del tappeto volante viaggiava attraverso il tempo e lo spazio. Il viaggio lo trasfigurava, logorava vesti e corpo, erodeva il potere della lampada sino a ridurla a un rottame. La lampada magica era Baghdad e il genio era il suo spirito.

– Tamerlano trionferà di nuovo, – disse la maestra Shajida. – È il destino di queste terre. La Città-della-pace verrà rasa al suolo per l’ennesima volta e insieme a questa scomparirà un pezzo di storia dell’umanità.

Mustafà rimase allibito:

– Scompariranno anche i gatti? – chiese, sgranando gli occhioni neri che brillavano.

Le labbra della maestra Shajida si incresparono e apparvero due file di perle bianchissime:

– Sì, – disse. – Anche i gatti.

All’improvviso nella scuola irruppero dei soldati. Americani. O forse Europei, per Mustafà non c’era differenza. Torsi corazzati, teste da crostacei, divise maculate, zaini come gobbe di cammelli. Dalle imbracature pendevano borracce e fucili mitragliatori. Aprivano le porte con calci violenti. Uno di loro aveva la pelle scura e le palme delle mani bianche. Spinse la maestra Shajida contro il muro e le fece cadere lo hijab. Sbocciò una chioma di capelli corvini. La maestra Shajida restò in silenzio. Un altro soldato, il viso disseminato di efelidi, impartì ordini nervosi e riunì tutti in un angolo. Sia lui che quello con la pelle scura sembravano divorati dalla paura. Dalla porta aperta Mustafà vide passare nel corridoio il bidello Abù e il direttore della scuola. Avevano le braccia dietro la schiena. Alcuni soldati li pungolavano con la punta dei fucili. Il bidello Abù e il direttore della scuola subivano in silenzio. Il soldato con la pelle scura minacciò la maestra Shajida e la costrinse in ginocchio. L’altro, quello con le efelidi, rivolse a Mustafà e ai compagni qualche parola sibilante e fece cenno di stare tranquilli. Con un gioco di prestigio estrasse dal taschino alcune caramelle. I compagni di Mustafà corsero a prenderle. Lui no. Il soldato allora rovistò nello zaino e ne cavò una lattina rossa con incomprensibili scritte bianche. I compagni l’assaggiarono e Kadim disse che era dolcissima. Ma Sultan disse che sapeva di metallo. Mustafà non volle provarla. A Mustafà non piaceva il sapore del metallo. Il soldato gli si avvicinò, sorrise. Aveva gli occhi di un azzurro trasparente. Si levò di tasca un piccolo taccuino e una matita. Fu allora che mi disegnò. Come se sapesse che a Mustafà piacevano i gatti.

Mi disegnò in un modo molto buffo. Una testina tonda tonda, gli orecchi a triangolo, le zampette gommose, un codone grasso e grosso a forma di punto interrogativo. Soprattutto i baffi, lunghissimi, che uscivano dal taccuino. Ecco, così:

Gli occhi neri di Mustafà brillarono. Volle subito diventare mio amico e mi disse l’unica frase occidentale che conosceva:

– I have a dream.

Ho fatto un sogno. Gliel’aveva insegnata la maestra Shajida. Avrei voluto dirgli la stessa cosa, perché anche i gatti dei soldati hanno i loro sogni. Ma un urlo attraversò il corridoio. Spari nel cortile, grida più acute. Il soldato con le efelidi lasciò il taccuino, sfondò la finestra con il banco di Kadim e si affacciò impugnando il fucile mitragliatore. Sparò sparò sparò. Mustafà e i suoi compagni si tappavano gli orecchi. I colpi rimbombavano nell’aula come una scarica di fulmini. Facevano male ai timpani. Kadim disse qualcosa ma Mustafà non capì.

I soldati uscirono di corsa e non si videro più. La maestra Shajida riordinò lo hijab e si sedette al tavolo con il volto tra le mani. Un’esplosione fece tremare i vetri delle altre finestre. La maestra Shajida non si mosse. Mustafà guardò fuori con i suoi grandi occhi neri che brillavano. Sdraiato per terra, lo sguardo verso il cielo, c’era il soldato con le efelidi. Aveva una macchia rossa all’altezza dell’ascella sinistra. Non si muoveva. Un corpo come tanti, buttato là in mezzo alla strada. Di lui ero rimasto solo io, il suo gatto disegnato. Mustafà mi raccolse e mi parlò. Disse che sarebbe stata una bella cosa spedirmi alla famiglia del soldato con le efelidi, in qualche parte del mondo. Spedire altri gatti disegnati a tutte le famiglie di quei soldati. Per farlo avrebbe dovuto portarmi nel Castello dalle mille e una porta e lì, nella stanza esagonale, gli specchi mi avrebbero moltiplicato un numero sufficiente di volte per spedirmi in tutto il mondo. Ma forse non sarebbe servito a niente. I grandi non capiscono i gatti disegnati.

– I grandi no, – gli dissi con un miagolio, – però ti capirebbero i bambini di tutto il mondo. E forse anche quei grandi che di notte sognano di essere bambini. Ma raccontami di questo castello, a noi gatti piacciono molto le storie.

– Sì, gatto del soldato, – disse Mustafà. – Una notte ho sognato che Allah, il Clemente e il Misericordioso, mi mostrava un Castello con mille e una porta. Erano porte di legno massiccio. Ogni califfo che vi aveva regnato ne aveva aggiunta una, ma soltanto la prima, quella più interna, nascondeva il terribile segreto. Nella serratura di ogni porta era infilata una chiave. La gente del vicino villaggio diceva che il castello era abitato dal leggendario Harùn al-Rashìd, il califfo dei califfi, colui che decide il destino di ogni credente. La porta più interna nascondeva il futuro di ciascuno di noi. Ma io non davo ascolto e le aprivo tutte. Alla fine c’era una stanza esagonale con le pareti ricoperte di specchi. In mezzo a questa, moltiplicato mille e una volta dagli specchi in fuga, trovavo il leggendario califfo Harùn al-Rashìd e il suo fedele portaspada Masrur. La mano del destino, per mezzo del portaspada Masrur, stava per giustiziare una fila di condannati. Mi avvicinavo e inorridivo. Era un solo bambino riflesso negli specchi mille e una volta. E quel bambino ero io.

– Non so cosa significhi, mio piccolo amico, – gli dissi con un miagolio, – ma non è certo un bel sogno.

– Non lo è. Come non lo è il destino che è toccato a noi bambini di Baghdad. Ma io sono fortunato perché ho te, gatto del soldato.

Prese la matita e sotto le mie zampette gommose disegnò un minareto.

– Dall’alto del minareto vedrai tutto, – disse Mustafà, – potrai persino sognare di volare. Io lo faccio spesso, sai? Quando c’è il vento che soffia dal deserto chiudo gli occhi e sogno di volare. Ci riesco davvero. Persino quando scoppiano le bombe. Sogno che lo spostamento d’aria mi faccia volare via. Nella vita l’importante non è volare ma sognare di farlo.

Fu allora che Mustafà incominciò a disegnarmi. Dapprima si limitò a ricopiare il disegno che aveva fatto il soldato. Lo ripeté due, tre, quattro volte. La sua mano divenne più sicura e riempì il taccuino di miei ritratti. I gatti disegnati si moltiplicavano tra i fogli come nel Castello dalle mille e una porta. A scuola, mentre la maestra Shajida spiegava, Mustafà mi disegnava, staccava accuratamente la pagina del taccuino e la regalava al compagno più vicino. Non soltanto la classe di Mustafà, ma l’intera scuola si riempì di gatti disegnati. Feci la mia apparizione persino su qualche lavagna. Alcuni compagni di Mustafà, tra cui l’amico Kadim, impararono a disegnarmi. Ben presto Baghdad pullulò di gatti disegnati. Incominciai a circolare in altre scuole, nei luoghi di ristoro, nei mercati. Molti dei disegni riportavano un titolo in inglese: Soldier’s cat. Per questo ci fu chi mi scambiò per un marchio di fabbrica, chi per il simbolo di un partito o di un gruppo terroristico, chi mi credette un segnale in codice, chi una spia americana. Nessuno si chiedeva che nome potessi avere e neppure sapeva che non l’avevo affatto, né conosceva il nome del mio padrone, né dove abitassi. Ma non ero un gatto anonimo: per tutti i bambini di Baghdad ero "il gatto del soldato".

Finché un giorno uno dei miei ritratti finì tra le mani di un giornalista europeo, Enzo Baldoni. Più che un giornalista, credo che fosse un idealista. Con uno scanner digitalizzò la mia immagine e la inviò non soltanto alla sua redazione, ma la divulgò attraverso la rete raggiungendo i computer di tutto il mondo. Mi trovai così sulle prime pagine di molti giornali, fra cui l’iracheno Al-Sabah.

Mustafà era contento:

– Hai visto, gatto del soldato? – mi disse. – Il Castello dalle mille e una porta esiste davvero e tu sei entrato nella stanza esagonale senza accorgertene. Non sei fortunato?

– Certo, mio piccolo amico, fortunato davvero. Quando ti dissi che avevo anch’io un mio sogno, ebbene era questo: che tutti, nel mondo, si accorgessero che esistono ancora gatti disegnati.

– Se ne accorgeranno anche i capi di questi soldati?

– Oh no, Mustafà. Chi comanda questi soldati continuerà a fingere di non vederli.

– Vorrei che non fosse così, gatto del soldato. Vorrei che i gatti disegnati si ribellassero e che miagolassero a tutti gli abitanti della Terra quanto può essere bello avere un gatto come te.

Fu l’ultima volta che vidi brillare gli occhi neri di Mustafà. Da allora incominciai a fare dei brutti sogni. Il più brutto riguardava proprio il mio piccolo amico. Sognai suo padre, lungo e magro, che lo teneva per mano sino al cancello. Sognai un’esplosione devastante come l’urlo delle orde di Tamerlano. Il padre di Mustafà fu scagliato per aria. Lo sognai che si rialzava smarrito, la giacca scura imbiancata di polvere. Il califfo Harùn al-Rashìd e il suo fedele Masrur si erano portati via Mustafà.

Poi sognai che qualcuno scriveva questa storia e qualcun altro, con raccapriccio, la leggeva.

Un gatto disegnato non dovrebbe fare questi sogni.