giovedì 29 aprile 2010

Leggiamo insieme un bel racconto.

"MONDO CANE"    racconto di Romano Augusto Fiocchi


Disegno di Giuditta Fiocchi



Il caso era disperato. Fu chiamato addirittura il dottor Djembé. Una leggenda ospedaliera narrava che il dottor Djembé era stato tra quelli che avevano visitato Salvador Dalì quando fu sorpreso a strisciare giù a terra credendosi un lombrico. In quella circostanza il dottor Djembé propose una terapia storica che stupì tutti: – Portiamolo a pescare.

Il dottor Djembé arrivò di sera. Dopo aver pagato il tassista senza lasciargli un centesimo di mancia, entrò nel parco del Policlinico. Lo attraversò tutto. Camminò con passo autunnale sul tappeto di foglie morte dei viali. Passò le cliniche di Medicina Interna, di Ostetricia, di Cardiologia. Una nebbia silenziosa filtrava nelle narici. Aveva l’odore inquietante del muschio. La Psichiatria non era lontana. Con il suo passo fantasioso sembrava più un paziente che ne fosse uscito invece di un medico che vi dovesse entrare. La caposala lo fermò sulla porta con un’occhiataccia da gatta partoriente.

– Sono il dottor Djembé, – disse lui con il suo imperdibile accento portoghese.

Lo sguardo della caposala si ammansì:

– La faccio subito accomodare, dottore.

Il dottor Djembé fu scortato sino allo studio del professor Vitali. La caposala gli aprì la porta. Dentro non c’era nessuno. Dalla finestra filtrava l’odore del muschio. Andava a confondersi con l’odore di disinfettante. Il dottor Djembé fece scorrere lo sguardo sulla scaffalatura di libri che rivestiva tutta una parete. Si voltò e vide un individuo alto e magro, le spalle curve, i baffi folti e i capelli lunghi e brizzolati da vecchio dongiovanni. Era un altro dottor Djembé che lo guardava da uno specchio a figura intera. Si ricordò che il professor Vitali lo utilizzava per scendere nella cantina dell’anima: – Studiare la propria immagine, – gli aveva detto una volta, – aumenta la consapevolezza dell’identità personale del medico ed estremizza il distacco dal paziente.

All’improvviso entrò il professor Vitali, gli strinse la mano, lo ringraziò di essere venuto. Il professor Vitali era un uomo tozzo, sanguigno, i tratti grezzi di un contadino, le labbra carnose. Si sedettero uno di fronte all’altro, lui di là della scrivania. Il professor Vitali sfogliò una cartella clinica e gliela porse:

– Qui c’è tutto quello che sappiamo sul Paziente X, – disse. Allargò le braccia sconsolate. Si alzò, camminò sino alla finestra, si voltò: – Come ti ho scritto nella mia e-mail, vorrei che tu lo vedessi al più presto, sarebbe meglio subito, ora, ma senza insospettirlo.

– Mi fingerò un nuovo paziente, – disse il dottor Djembé con il suo imperdibile accento portoghese.
Il professor Vitali approvò con un sorriso. Chiamò la caposala e fece portare un paio di pantaloni di tela bianca e una giacca da camera. Fu così che il dottor Djembé fece il pazzo. Trovarsi dopo tanti anni dall’altra parte della barricata gli diede l’ineludibile sensazione di una vittoria.


Quando entrò in reparto, il Paziente X se ne stava seduto su una panca, lungo la parte del salone. Era un ometto buffo, il cranio pelato con uno strano e superstite ciuffo ribelle sopra la fronte. Appoggiava la nuca al muro, lo sguardo che attraversava il soffitto e cercava l’infinito.

– Io mi chiamo Leone. E tu?– disse il dottor Djembé.

– Sei un leone?

– Oh no, Leone di nome. Sai, come quel famoso scrittore russo.

– Cos’è uno scrittore?

– Be’, è uno che racconta delle storie e le fa circolare attraverso dei libri. Ne hai mai letti?

– Letti cosa?

– I libri.

– Non so cosa siano.

– Sai però chi sei. Voglio dire, sai come ti chiami.

– Il mio nome è Medoro.

– E il cognome?

– Noi cani non abbiamo cognome, soltanto il nome che ci dà il nostro padrone.

Il dottor Djembé tacque. Doveva fare in modo che Il Paziente X aprisse il suo mondo. Ma non ce ne fu bisogno.

– Prima non era così, – disse Il Paziente X.

– Prima quando?

Il Paziente X si voltò con aria sbalordita verso il dottor Djembé:

– Oh bella! – disse, – prima che prendesse piede la civiltà degli uomini.

Fu così che il Paziente X incominciò a raccontare al dottor Djembé la più strabiliante storia che avesse mai sentito. Lui restò in silenzio ad ascoltare.

– Ci fu un tempo in cui noi cani ci comportavamo da uomini e gli uomini da cani. Abbaiavamo guaivamo mugolavamo ringhiavamo e ci capivamo tutti alla perfezione: era il nostro linguaggio. Gli uomini parlavano invece una lingua individuale, ognuno la propria, e non avrebbero potuto comunicare se non per mezzo di interpreti poliglotti. Peccato che nessuno sapesse cosa fossero. La nostra civiltà era millenaria ed evoluta. La popolazione canina aveva costruito città intere: complessi di cucce e di cunicoli, orinatoi comuni e privati, annusatoi dove poter annusare la roba degli altri, disinfestatoi per cani igienisti che detestavano le pulci, infestatoi per cani masochisti che amavano grattarsi, ma anche opere di utilità sociale: istituti di ricovero per cani disadattati, dormitori per randagi, bordelli per cagnette in calore, ospizi per cani anziani. Per non dire delle vie di comunicazione, ossia delle piste e dei sentieri che collegavano le città e portavano attraverso tutte le terre allora conosciute. L’ordine pubblico era mantenuto da un cane podestà attorniato da una muta di cani poliziotto. Ma molte famiglie canine, per antica abitudine, adottavano un cucciolo di essere umano. Crescendo sarebbe servito come uomo da guardia per sorvegliare le cucce. L’uomo da guardia era un animale territoriale e andava tenuto alla catena perché avrebbe potuto azzannare chiunque si avvicinasse. Ma c’erano anche esseri umani da compagnia ed esseri umani da utilità, come uomini per cani ciechi, uomini da salvataggio per soccorrere cani che affogavano, uomini da caccia per procurare la selvaggina nelle campagne, uomini pastori per curare greggi di pecore e capre. Nonostante l’essere umano fosse considerato il miglior amico del cane, si erano verificati casi in cui alcuni cani erano stati aggrediti e morsi. Questo aveva reso obbligatorio l’uso di una gabbietta di cuoio che veniva montata sul viso dell’uomo. La chiamavamo viseruola. Altri accessori indispensabili per chi allevava un essere umano, fosse da compagnia o da utilità, erano i vestiti. Ve ne erano di varie fogge. L’importante era non dimenticarsi mai di coprire il proprio essere umano, specie quando c’era cattivo tempo. Gli esseri umani, al contrario del cani, non avevano peli, salvo sopra la testa e in altre circoscritte zone del corpo. Soffrivano il freddo in modo lancinante ed erano di salute piuttosto cagionevole, per quanto alcune razze, come quella nera, fossero le più resistenti agli sforzi fisici e ai disagi. Era un mondo tutto sommato meraviglioso dove noi cani eravamo padroni di ogni cosa e ogni essere vivente era al nostro servizio. Ma era con l’uomo che avevamo un rapporto speciale. Ad un tratto tutto questo cambiò, il mondo si capovolse e noi cani ci trovammo a fare i cani. Neppure i vecchi randagi conoscono il motivo di quello stravolgimento. C’è chi suppone un’improvvisa evoluzione cerebrale dell’uomo con conseguente presa di coscienza. C’è chi sostiene invece l’imbarbarimento della società canina, ormai giunta al culmine del suo sviluppo e destinata a scivolare giù in un inevitabile declino. Chi entrambe le cose insieme. Ci trovammo così alla mercé degli uomini. Ma su questo pianeta non c’è nulla che duri all’infinito. La civiltà degli uomini avrà il suo periodo di splendore che sfiorirà nel tempo del suo tramonto. E poi, chi lo sa, arriverà la civiltà degli insetti, oppure quella degli uccelli, oppure nulla, il vuoto dell’eternità che si mangerà le civiltà della Terra.

Il Paziente X andò avanti per un pezzo con profezie ed evocazioni nostalgiche. Venne mezzanotte ed erano ancora lì, il Paziente X che parlava e il dottor Djembé che ascoltava. Poi si fecero la una, le due, le tre. Il Paziente X non finiva più di raccontare al dottor Djembé il mondo che aveva dentro. E il dottor Djembé non finiva più di ascoltare con gli occhi sbarrati del medico che dimentica la sua professione.

La notte demolitrice li sorprese così. Il Paziente X si sdraiò sulla panca e si addormentò. Il dottor Djembé uscì dal reparto. In giro non c’era nessuno. Passò la porta della clinica in pantaloni di tela bianca e giacca da camera. La nebbia silenziosa filtrava nei polmoni.

Quando fu nel viale il dottor Djembé si fermò, appuntì le labbra e soffiò. Ne uscì un suono cupo e prolungato. Guardò allora su, verso la luna alta nel cielo. Sorrise e incominciò ad abbaiare.

martedì 27 aprile 2010

Partecipazioni e scatoline portaconfetti per la 1a Comunione di Ilaria


Dopo tanto lavoro, finalmente a cerimonia svolta, posso mostrarvi quanto ho preparato.

Sia le partecipazioni, che le scatoline portaconfetti, sono realizzate con una tecnica che si chiama: scrapbooking.

Non richiedono particolari abilità a parte avere un po' di fantasia nel comporre i vari particolari.

I colori scelti sono stati: lilla e bianco.


Alcuni esempi di Partecipazione
Esempio nel dettaglio
Altro modello partecipazione
Interno partecipazioni scritte in Lilla su sfondo bianco

Scatoline per confetti sia per accompagnare le Bomboniere nella scatola grande, sia come dono ad amici e colleghi di lavoro.



Scatoline portaconfetti per compagni di scuola di Ilaria e maestre (x loro ho messo anche un fiorellino lilla)

Bomboniere Thun: coppia gattini per Ilaria e sua amica e Bimba fiore per tutti gli altri
Interno scatola grande per bomboniera - interno

Scatola grande per bomboniera - esterno


"Una giornata speciale: La prima Comunione di Ilaria"

Ed ecco il motivo della mia assenza dal blog, ero impegnata in questo magico evento della vita di mia figlia.

Ho cercato di renderla partecipe di ogni scelta, dal colore dei nastri tulli e fiorellini alle decorazioni delle scatole portaconfetti, alla mitica scelta dell'abito, per non parlare delle tre sedute dal parrucchiere per avere dei boccoli perfetti ... finiti in un comodo taglio medio lungo piastrato con mollettina a tema.

Domenica 25 aprile 2010 è stata una giornata intensa, ci siamo svegliate presto complice un po' di agitazione, siamo corse in sala per la colazione.

Ultime modifiche a quei benedetti fiorellini delle scatole grandi per la bomboniera e di corsa a vestirsi.

Come da prassi siamo arrivati dopo gli invitati (colpa nostra se escono quasi all'alba???) abbiamo preso posto nella nostra panca e subito si è fatto il cerchio intorno, persino le catechiste si sono complimentate ed io con sguardo ebete mi sono limitata a dire un "grazie" ed in breve è partita la cerimonia, con tutti i bimbi in processione a partire dall'esterno per poi sedersi tutti quanti sull'altare.

Complice la possibilità di scattare qualche foto tra una testa e l'altra di quelli seduti davanti a me, ho evitato di commuovermi troppo grazie a questa fortuita distrazione.

Abbiamo avuto anche un momento di panico post cerimonia, non si trovava più la collanina con il crocifisso dono delle catechiste e destinato ad Ilaria che si è sciolta in lacrime.

Per fortuna qualcuna l'ha trovata ai piedi del tavolo delle offerte sito a metà Chiesa e così il sorriso è tornato ed abbiamo potuto scattare le ultime foto.

Un ultimo saluto a chi è passato in Chiesa a trovarci e via in pasticceria per ritirare la mitica torta, poi al ristorante.

Parcheggiate le auto e consegnata la torta con l'obbligo di metterla subito in frigo e consegnarla solo dietro mia richiesta, ci siamo diretti verso il parco del ristorante, il sole splendente, il verde del prato e le magnifiche piante, ci hanno fatto scattare la molla della "danza delle foto" e dato che era ancora presto le abbiamo fatte proprio tutteeeeee!!!

Finalmente anche il panciotto ha iniziato a reclamare ed abbiamo dato il via al pranzo così composto:

ANTIPASTI:

- salmone marinato con salsina misteriosa con arancia

- gamberetti con insalatina ed altre cosine

- affettati e sottoli

- insalata russa

- cotechino

Vino bianco


PRIMI PIATTI + vino croatina

- crespelle alla valdostana

- pennette con pomodorini carciofi seppioline

- tortelloni ricotta e rucola per chi non prendeva le pennette


SECONDI PIATTI contorno di insalata mista e patate fritte

- fritto misto

- arrosto di vitello

- capretto arrosto
DOLCE

- la torta portata da noi:

base di pandispagna + crema chantilly + strato di cioccolatofondente + lamponi lamponi freschi + guscio di meringata leggero come una nuvola copertura di cioccolato bianco in scaglie e codette e tutto guarnito da lamponi e la scritta augurale.

- Caffè + ammazzacaffè

Terminati i primi piatti, Ilaria ha cambiato l'abito indossando un paio di comodi jeans e via a correre con le sue compagne di giochi felice di questa magnifica opportunità.

Noi abbiamo terminato di assaltare le varie portate intervallando con giri propiziatori nel giardino e chiacchiere variamente assortite.

Consegna dei doni e bomboniere + taglio torta e relative fotografie.

Poi ognuno è rientrato a casa, salvo noi che ci siamo fermati a casa dell'amichetta di Ilaria, a cui abbiamo donato la parte rimanente della torta e finalmente rilassati e soddisfatti ci siamo attardati in altre chiacchiere.

Oggi mi resta un gran caos da sistemare (sai che novità!!!) un groviglio misto di pensieri e tanti dolci ricordi, ho già prenotato un bellissimo album di ricordi in versione scrapbooking, anche questo sarà nei colori tema della comunione: lilla e bianco, ci vorrà un po' per averlo, ma ormai non c'è fretta, è stata una bellissima giornata, radiosa e piena di sole e calde risate... le risate di gioia di una bimba felice.




lunedì 5 aprile 2010

"Cannelloni con crema di ricotta e prosciutto"





Ingredienti per i Cannelloni:

500 gr. pasta fresca per lasagne fatta da voi o acquistata

300 gr. ricotta

400 gr. di prosciutto cotto

sale q.b.

1 cucchiaio di parmigiano o grana

Latte q.b.


Ingredienti per la Besciamella:

100 gr. burro

100 gr. farina 00

1 litro di latte intero

tre pizzichi di noce moscata

due cucchiai di parmigiano

Procedimento:

In un mixer inserire la ricotta, il prosciutto cotto spezzettato, due tre pizzichi di sale, il cucchiaio di parmigiano, pepe se gradite, poco latte per amalgamare ed avviare finchè non ottenete una crema, assaggiare e verificare se occorre altro sale.

Prendere una sac a poche usa e getta con bocchetta a stella o liscia ed inserite un po' della crema di prosciutto, quindi farcite un primo strato di pasta, poi stendete sopra un secondo strato e farcite nuovamente, spolverate con poco parmigiano e arrotolate formando un cannellone.

Continuate fino ad esaurimento della pasta.

Per la besciamella:

Fondere il burro in un tegame e versarvi la farina setacciata poco per volta, mescolando bene (la farina setacciata evita i grumi), salare e mettere la noce moscata, quindi aggiungere lentamente il latte a filo, amalgamare e cuocere fino a densità desiderata, eventualmente aggiungere altro latte se la si vuole meno densa.

Prendere una pirofila, imburrare ed infarinare, quindi fare uno strato di besciamella e mettervi sopra i cannelloni allineati, poi versare un altro strato di besciamella sottile, fare uno strato di parmigiano e un altro strato di besciamella, quindi altro parmigiano e fiocchetti di burro.

Infornare per 25 minuti circa a 200° e poi gratinare per altri 4-5 minuti.

Lasciare riposare fuori dal forno per 5 minuti, quindi servire.

Risotto con carciofi



Dosi per tre persone:

- 3 carciofi
- 240 gr. riso arborio o carnaroli
- 1 scalogno
- 3 cucchiai di olio evo q.b.
- brodo vegetale
- 1 bicchiere di vino bianco secco
- 2-3 noci di burro
- 2-3 cucchiai di parmigiano
- sale

Procedimento:

Pulire i carciofi ed affettarli finemente, quindi metterli in un tegame, con tre cucchiai di olio Evo e lo scalogno a fettine e rosolare tutto bene.

Aggiungere il riso e tostarlo per un paio di minuti, quindi sfumare con un bicchiere di vino bianco secco, salare ed amalgamare bene.

Aggiungere un paio di mestoli di brodo ogni volta che il risotto si asciuga.

A metà cottura ho provveduto a frullare con un mixer, gran parte dei carciofi (mia figlia detesta le verdure...) quindi aggiungo quest'ultimi in versione crema e continuo la cottura aggiungendo il brodo ogni volta che serve.

In ultimo, aggiungo due-tre cucchiai di parmigiano e qualche noce di burro per mantecare il risotto, il tutto a fuoco spento o al minimo.

Lasciare riposare due minuti e servire.

giovedì 1 aprile 2010

Una Poesia per Pasqua ed un grande augurio per tutti.



E' Pasqua

Buona Pasqua a tutti i bambini:
quelli lontani e quelli vicini,
ai bambini del mondo intero
ai quali porgiamo un augurio sincero.
Buona Pasqua ai poverelli,
Buona Pasqua ai vecchierelli
anche a loro ci sentiamo vicini
col nostro amore di bambini.
Buona Pasqua per tutti gridiamo
perchè tutti fratelli siamo
e il nostro grido di bimbi innocenti
giunga nel mondo anche ai potenti:
non mandino gente a fare la guerra
in nessun posto della terra !